Chi non arde non incendia!
        S. Maddalena

NOTIZIE     PRINCIPALI  : CHIESA MISSIONARIA - CENTRO  MISSIONARIO CANOSSIANO – ROMA - DICEMBRE  2000 - N. 12

 

Avvenimenti Ecclesiali Missionari

 

Nastro 1: 25 dicembre 2000
Solennità del Natale del Signore
AUGURI di BUONE FESTE
 

 

 

 

 

 

 


1/12/2000            Roma – Prende il via presso l’Expo Missio 2000 (Abbazia delle Tre Fontane), l’iniziativa

                            di educazione alla mondialità promossa dalla Federazione do ONG “Focsiv-Volontari nel

                            Mondo” nell’ambito della campagna ecclesiale per la riduzione del debito estero dei Paesi

                            più poveri.

 

2-3                                                           Roma -  Incontro proposto dall’Expo Missio 2000 sul tema: “I missionari comunicatori

                            fra le culture”, presso l’Abbazia delle Tre Fontane:

 

2-6                       Roma -  3a Assemblea ordinaria del Forum Internazionale di Azione Cattolica

                            (FIAC),  sul tema “La permanente attualità di un dono dello Spirito. Azione Cattolica:

                             fedeli laici che vivono la novità del vangelo e sono segno di comunione”.

 

3                         Città del Vaticano - Roma –  Giubileo dei Disabili – Celebrazione Eucaristica presieduta

                            dal Santo Padre nella Basilica di S. Paolo fuori le mura, per il Giubileo della comunità dei            

                            disabili.  Giornata internazionale dei disabili stabilita dall’ONU.

 

7                                                 10° Anniversario della firma  dell’Enciclica di Giovanni Paolo II° “Redemptoris

                            Missio”

 

8                              35° anniversario della chiusura del Concilio Ecumenico Vaticano II° -

                            25° anniversario della firma dell’Esortazione  Apostolica di Paolo VI° “Evangelii 

                            Nuntiandi”

                            Solennità dell’Immacolata Concezione di Maria

 

11                                             Parigi – (Francia)  Riunione del Consiglio Permanente della Conferenza episcopale

                            francese.

 

15-17                                                    Giubileo del mondo dello Spettacolo

 

16                        Roma – Celebrazione Ecumenica presieduta dal card. Cassidy nella chiesa  di

                            Sant’Ignazio.

 

17                          Città del Vaticano –Celebrazione Eucaristica presieduta dal Santo Padre in occasione del

                            Giubileo del mondo dello Spettacolo

 

20                                             Gerusalemme – Israele – “Concerto per la  pace in Israele”,  promosso dall’Associazione  Musicale  Angelo Mariani (Ravenna), in collaborazione con il Ministero degli Esteri, la Nunziatura Apostolica in Israele, il Pontificio Consiglio della Cultura, nella Chiesa delle Nazioni.

 

25                        Solennità del Natale del Signore Gesù –  Messaggio Natalizio  del santo Padre e    

                           Benedizione  “Urbi et Orbi”.

 

31                        Assisi – Italia -  33ma “Marcia per la Pace”, promossa da Pax Christi.

         

 

MEMORIA
Il Passato  e  l'Oggi  a cura del CAMIC

 

 

 
Casella di testo:       S. Michele - Roma

 

 


1/12/1978     Giovanni Paolo II proclama l’eroicità delle virtù di M. Giuseppina Bakhita

 

  7/12/1828      La nostra Fondatrice si incontra con il Papa Leone XII°, in vista dell’approvazione

                         della Regola

 

  7/12/1941      La MADRE FONDATRICE è proclamata dalla Chiesa “BEATA”

 

11/12/1894      Le prime Figlie della Carità arrivano a Singapore

 

13/12/1899      M. Barbara Melzi, fondatrice dell’Istituto a Legnano, muore

 

15/12/1835      M. Cristina Pilotti muore

 

23/12/1828      Leone XII°, con Breve Pontificio, approva l’Istituto e la Regola delle FIGLIE della

                          CARITA’ CANOSSIANE

 

ATTUALITA'
 

 

 


1.      Sorelle Missionarie

Arrivi -  Sor. Gina Zucchello è rientrata dal Brasile per cure e Sor. Anna Maria Busatta dalla Tanzania per assistenza alla mamma anziana. Ricordiamole nella preghiera!

 

Rientri in Missione –    Sono  ritornate in Missione: Sor. Carolina Gandini - Tanzania, Sor. Graziana Zanardi - Kenya/Sudan,  Sor. Cozzini Angela e Zambello Pierina - Nord India  - AUGURI SORELLE!

 

Partenza “Ad Gentes” –  Sor. Cynthia Menenzes e Sor. Sandra Misquitta sono partite in Novembre per la Tanzania.   Auguriamo ad ambedue  un felice inserimento nella nuova Provincia Religiosa  e un ardente passione per il Regno in terra d’Africa. Ora si dedicheranno allo studio della lingua Swahili prima di immergersi nell’apostolato diretto. Sor. Cynthia, infermiera, svolgerà la sua missione nel campo infermieristico, mentre Sor. Sandra, insegnante, si occuperà dell’educazione della gioventù scolastica nella Scuola Secondaria Superiore di Bagamoyo. (Bagamoyo è ricordata nella storia Africana come il più grande centro di  mercato degli schiavi. Il parroco di Bagamoyo, italiano, ha costruito la scuola per la promozione della  donna  emarginata.    In segno di riconoscenza e ringraziamento per la canonizzazione di M. Giuseppina Bakhita, che ha avuto la grazia grande di passare dalla schiavitù alla libertà,  la Provincia dell’Est Africa ha assunto la sfida di  gestire la scuola nel  prossimo futuro.)  Ambedue, le sorelle, hanno avuto l’opportunità di una immediata preparazione alla Missione  frequentando al CUM di Verona il Corso sull’Africa. Inoltre hanno partecipato al Corso di approfondimento missionario programmato dal CAMIC nel Luglio scorso “Si tratta di più…” La Profezia della missione canossiana.

Siate testimoni dell'AMORE PIU' GRANDE!
 


 


2.  Volontari in missione

Digna  Esguerra, Filippina, dopo alcuni mesi di preparazione qui al Centro,  partirà il 5 dicembre per il Togo.  Auguri di ogni bene!

 

3.  Attività Formative Missionarie

Presso il Centro Missionario è stato iniziato un corso di approfondimento della Redemptoris Missio. Il Corso, a ritmo quindicinale, giovedì alle ore 18.00, è curato da Mons. Paolo Giglioni, decano della facoltà di  missiologia – Università  Urbaniana. Dopo la conferenza c’è la S. Messa. Il corso è aperto a tutte le sorelle.

 

 

INFORMAZIONI
 

 


   

 

Corsi  rilevanti 2001

·         Roma – presso la Pontificia Università Urbaniana  si terrà la Scuola per animatrici missionarie  con le seguenti date: 22-25 Febbraio 2001 e 28 Giugno – 5 Luglio 2001 –

 

·         Roma –  Nella sede centrale dell’USMI in Via Zanardelli, 32 – si terrà  dal 23 al 25 Febbraio, un Seminario  sull’ ”Ecumenismo e Dialogo Interreligioso”  -

 

·         Roma –  presso la Pontificia Università Urbaniana – si terrà dal 15 al 18 Marzo  il Convegno Missionario USMI - PUM

 

Per informazioni rivolgersi all’USMI – Via Zanardelli,32 – 00186 Roma  -

tel. No.06-68400540 - fax 06-68801935

 

 

Date importanti

·         1   dicembre – Giornata mondiale di lotta contro l’AIDS/SIDA  stabilita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 1988 e organizzata da UNAIDS, sul tema  “Gli uomini segnano la differenza”.

·         2 dicembre – Giornata internazionale per l’abolizione della schiavitù, nell’anniversario dell’adozione della Convenzione ONU per l’eliminazione del traffico  e dello sfruttamento delle persone.

·         9 dicembre – 575° anniversario  della firma di Papa Martino V della Bolla che riconosceva l’erezione  dell’Università Cattolica di Lovanio (Belgio).

·         10 dicembre -  Giornata mondiale dei Diritti Umani  (ONU). A Oslo e Stoccolma, consegna dei Premi Nobel

·         14 dicembre – 50° anniversario di fondazione dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati.

 

Eventi importanti

·         3-10 dicembre – Francia  - Settimana della Bibbia  promossa dall’Alleanza biblica, insieme al Servizio Biblico Cattolico “Vangelo e Vita”, alla Federazione Protestante di Francia e alla Lega Evangelica per la lettura della Bibbia.

·         4 dicembre -  Catania (Italia) – Inaugurazione del primo “Museo per la Pace” italiano, ospitato in un edificio di Paternò (CT).  Accoglierà documenti, immagini, video, testimonianze sui conflitti recenti nei Balcani e nel Golfo, reperti della Seconda Guerra Mondiale.

·         13-14  dicembre – Roma – Tavola Rotonda promossa dai Pontifici Consigli della Cultura e delle Comunicazioni Sociali insieme all’Ente dello Spettacolo e alla Pontificia Università Salesiana, sul tema “Giovanni Paolo II e il cinema: un itinerario di fede e cultura, arte e comunicazione”, presso l’UPS

 

 

**************************************************************************************

FESTA PATRONALE:  AUGURI  alle Sorelle della Provincia di San Francesco Saverio - India

 

***************************************************************************************

 

 

 

“C.A.M.I.C.  INFORMA” é una pubblicazione mensile, strumento di informazione missionaria tra il Centro Missionario Canossiano e le Province.   Invitiamo le sorelle Canossiane a collaborare per una condivisione di

notizie/attività  missionarie. Desideriamo ricevere  dette notizie non più tardi del 20 di ogni mese all’indirizzo sottostante. Grazie!

Preparato e curato  da C.A.M.I.C.  - Centro Animazione-Formazione Missionaria Internazionale Canossiano - Via Aurelia Antica   180, 00165 ROMA -  Tel. 0039-06-39366914 – Fax 0039-06-6385885  -E-mail camicrm@fdcc.org

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pensiamo di fare cosa loro gradita, nell’imminenza del Natale, offrire  questa riflessione biblica tenuta da Suor Maria Koh, FMA, al Congresso Missionario Mondiale 2000 -  tenutosi a Roma dal 18 al 22 ottobre u.s.

 

Annunciare Gesù, il Salvatore, Cristo Signore

 

L’icona: Gli Angeli annunciano Gesù nella regione di Betlemme

 

“C’erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro  e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento, ma l’angelo disse loro: “Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia”. E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste che lodava Dio e diceva: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama.” ” (Lc. 2,8-14)

 

La scena è suggestiva. La notte, l’oscurità, il silenzio, la campagna aperta: l’apparente tranquillità è densa di mistero e carica di anticipazione. E’ l’atmosfera di gestazione di novità, lo sfondo da cui emerge la sorpresa. Ecco che irrompe improvviso un messaggero dal cielo, avvolto di luce. La reazione spontanea dei pastori è quello di un “grande spavento”, a cui l’angelo contrappone con l’annuncio della “grande gioia”. Tuttavia la vera novità sorprendente non sta tanto nell’apparizione dell’angelo, ma in ciò che egli annuncia, o più esattamente, non sta nemmeno nell’annuncio, bensì in colui che viene annunciato: Gesù Cristo. Così afferma il Papa nella Bolla di Indizione del Grande Giubileo: “Gesù è la vera novità che supera ogni attesa dell’umanità e tale rimarrà per sempre, attraverso il succedersi delle epoche storiche” (Incarnationis Mysterium 1). Ma come può rimanere “novità” un evento accaduto 2000 anni fa? Come può lo stupore dei pastori, che per primo hanno accolto il lieto annunzio, perdurare di generazione in generazione, non consunto dal tempo, non fossilizzato dalle ripetizioni e non diluito dalle vicende complesse della storia umana? Dice G. K. Chesterton  “Il mondo non perirà certo per mancanza di meraviglie, bensì per la perdita della meraviglia”. Un rischio forte per noi cristiani è quello di abituarci troppo al mistero e al miracolo.

 

Alcuni anni fa, in Cina, ho avuto un colloquio interessante con un filosofo taoista. Una sua parola mi è rimasta molto impressa nella mente. Egli, un uomo religioso e un pensatore profondo, conosceva il cristianesimo attraverso lo studio e aveva una grande stima per la nostra fede. Una volta discorrendo sulle nostre diverse religioni, egli diceva: “Voi cristiani sapete troppo di Dio”. Alla mia richiesta di chiarificazione egli spiegò: “Voi conoscete per rivelazione chi è Dio, sapete descrivere bene la sua natura, i suoi attributi, il suo modo di pensare, le sue opere, il suo piano di salvezza dal principio fino al compimento definitivo. Conoscete ciascuna delle tre persone divine, le loro opere e le loro  relazioni tra di loro. E come  se  ciò non  bastasse, il Figlio di Dio si è reso visibile e tangibile divenendo uomo. E ancora, egli ha fondato la Chiesa, ha istituito i sacramenti, ha lasciato la sua parola e il suo esempio. La Chiesa poi sa bene che cosa i singoli fedeli devono credere, cosa devono fare per ottenere la salvezza… Sapete così tanto che quasi non avete più bisogno  di ricercare e di scoprire. Temo che il sapere troppo tolga il gusto di sostare nel mistero e diminuisca la gioia di tendere verso l’ineffabile”.

 

Davvero sappiamo così tanto di Gesù? Davvero siamo diventati insensibili da non provocare né “grande spavento”“grande gioia” di fronte alla sua nascita? Certo, il mistero dell’Incarnazione non può dischiudere la sua carica di novità sconvolgente se la consideriamo pacificamente inquadrata tra le cose sapute, tra le verità da credere, tra le dottrine ben sistemate, tra le formule da ripetere nella catechesi e tra le date da celebrare di anno in anno nel nostro calendario liturgico. A 2000 anni di distanza da questo grande evento, proviamo a riascoltare con semplicità, povertà e stupore l’annuncio risuonato nella notte di Betlemme.

 

1.      L’Annuncio della grande gioia

“Vi annuncio una gioia grande”. E’ necessario l’annuncio, perché  la venuta di Dio in mezzo a noi non è né una conoscenza innata, né può essere dedotta da nessun ragionamento o causato da nessun sforzo umano. Le varie vie di ricerca del divino possono arrivare alla convinzione che Dio ama l’uomo, ma solo il cristianesimo racconta che questo amore lo ha spinto a farsi uomo, a vivere in mezzo agli uomini, a morire e a risorgere per salvare l'umanità.  E come siamo giunti a conoscere questo fatto sorprendente e meraviglioso? Attraverso le molteplici forme di annuncio e di testimonianza. In realtà il Dio che conosco ora, il “mio” Dio, è stato prima un “Dio degli altri”, un Dio presentatomi da altri. Ciò vale non solo per quelli, che come me, provengono da culture non cristiane, ma in misure diverse, per tutti. Israele chiamava il suo Dio “Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe”, “Dio dei Padri”. Si tratta di un Dio di cui gli altri hanno fatto esperienza personale, un Dio creduto, amato da altri, un Dio annunciato, condiviso, consegnato da altri e un Dio da donare, da far nascere e far crescere nel cuore degli altri.

 

Da quella notte di Betlemme in poi, la catena dell’annuncio continua a svilupparsi nella successione del tempo e nell’estensione dello spazio, di generazione in generazione e di luogo in luogo. Oggi, come 2000 anni fa, l’annuncio di Gesù dev’essere una notizia di grande gioia, non idee astratte e fredde, non teorie dottrinali, non norme o leggi rigide, e nemmeno come quelle  “liete notizie” che si usavano proclamare in modo cerimonioso dai palazzi di marmo alla nascita di un principe reale. L’annuncio gioioso dell’angelo fatto nel silenzio della notte ad un gruppo di semplici pastori, consiste in questo  “Oggi vi è nato nella città di Davide il Salvatore, che è Cristo Signore”. E’ facile da riconoscere che qui c’è un richiamo  all’oracolo profetico di  Isaia “Il popolo che cammina nelle tenebre vide una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia… Poiché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un Figlio…” (Is. 9, 1-6) Oltre a questo sfondo profetico che contribuisce a collocare il fatto della nascita di Gesù nell’orizzonte delle promesse, l’annuncio in sé  è denso di significato teologico. Ci soffermiamo a riflettere lasciandoci orientare da queste domande: Chi è nato? Dove? Quando? Per chi?

 

·         Chi é nato?

Nel paragrafo precedente (2,1-6) Luca  racconta il fatto storico della nascita di Gesù, ora egli passa  dalla narrazione all’annuncio, che intende manifestare il senso profondo di questo evento per la salvezza dell’umanità. Del neonato non si vuole presentare i dati da anagrafe, ma l’identità nella fede:  Egli è il Salvatore, il Cristo, il Signore. Sono tre appellativi di derivazione pasquale, tre titoli che sintetizzano la fede della Chiesa in Gesù Cristo. L’annuncio dall’alto dovrà diventare la confessione di fede dal basso, fatta da tutta la comunità dei discepoli di Gesù. Sicuramente non sfugge a nessuno il contrasto forte espresso dall’immagine del Salvatore – Cristo - Signore giacente in una mangiatoia. E’ proprio questo paradosso è dato ai pastori come segno di riconoscimento.

 

·         Dove?

“Nella città di Davide” Anche questa non è semplicemente un’indicazione topografica, ma va collegata all’identità di Gesù come Messia, discendente di Davide, promesso dai profeti.

 

·         Quando?

“Oggi” Ma non si tratta solo di un  “oggi” di calendario, si vuol piuttosto sottolineare che con la nascita di Gesù, il Salvatore, la salvezza è ormai reale, presente e concreta, a portata  di  quanti vogliano accoglierla. Per questo ogni incontro con Gesù sarà un’occasione di grazia. Il vecchio Simeone lo riconoscerà benedicendo il Signore perché gli ha concesso di “vedere la salvezza”  con i propri occhi (Lc. 2,30). Gesù stesso dirà a Zaccheo: “Oggi la salvezza è venuta in questa casa” (19,9), e soprattutto al “buon ladrone”  sulla croce: “oggi sarai con me in paradiso” (23,43)

 

·         Per chi?

“Per voi” è nato. Il “voi” fa riferimento immediato ai pastori, ma essi sono i primi, non gli unici. Dopo aver accolto l’annuncio e sperimentato ciò che è stato loro detto, i pastori a loro volta diventano annunciatori (cf. 2, 17-18). La salvezza è destinata a tutti, iniziando dai poveri e semplici, da quelli che hanno il cuore aperto. La “grande gioia” è “per tutto il popolo”, senza esclusione.

 

Dopo questa visione globale sulla scena e sul testo, cerchiamo di contemplare, sempre con il senso di stupore, il mistero racchiuso in questo annuncio. Come ce lo ricordano ripetutamente i padri della Chiesa, l’ascolto della Parola di Dio non si ferma solo alla parola, ma deve portarci a conoscere il pensiero  di Dio, a intuire il suo stile di azione, a scoprire i suoi desideri, ad entrare nel suo cuore. Dice esplicitamente San Gregorio Magno: “Leggere la Bibbia è imparare a conoscere il cuore di Dio attraverso le sue parole”. (Registrum Epistularum V,46)  Dobbiamo tenere presente che l’Incarnazione di Cristo non è solo un fatto storico, ma è la realizzazione del desiderio di Dio d’essere con noi, la manifestazione del suo stile particolare nell’avvicinarsi alle sue creature. La contemplazione di questo mistero è un entrare timidamente, ma profondamente nel cuore di Dio.

Come abbiamo visto, nell’annuncio dell’angelo c’è un’indicazione del tempo, del luogo e delle persone destinate alla salvezza. Sembra che da qui possiamo leggere, al di là dei dati storici, lo stile meraviglioso di Dio nel salvare l’umanità Egli ha voluto rinnovare il mondo entrando nel mondo, salvare l’uomo diventando l’uomo, trasformare la storia prendendo parte in essa. Con l’Incarnazione l’infinito Dio fa di un piccolo luogo la sua dimora, l’eterno Dio si racchiude in un breve periodo di tempo, l’invisibile Dio si rivela nella natura umana. Dall’Incarnazione nasce una geografia  della salvezza, una storia della salvezza e una geneologia della salvezza o un’umanità salvata.

 

2.      Una geografia della salvezza che parte dalla “città di Davide”

“Se tu squarciassi il cielo e scendessi!” (Is. 63,19) questo grido del profeta Isaia esprime un anelito profondo dell’umanità. Da sempre l’uomo sente come insormontabile la distanza tra il cielo e la terra, tra il suo mondo  e il mondo misterioso e irraggiungibile dove abita la divinità. Da sempre Egli desidera che  questa distanza si accorci, che la sfera divina e quella umana si tocchino, non per un’esplosione, ma per un abbraccio.

 

L’uomo ha anche tentato di superare questa distanza di propria iniziativa e con i propri mezzi. Adamo e Eva hanno ceduto alla tentazione di “diventare come Dio” (Gn.3,5), i loro discendenti hanno cercato di “costruire una torre e una città, la cui cima tocchi il cielo” (Gn. 11,3). Volevano dire a Dio: “Sta dove sei nel tuo cielo. Non hai bisogno di scomodarti. Noi siamo capaci di venire fino a Te se vogliamo cercarti”. E naturalmente la loro impresa di auto esaltazione fallì con conseguenze dolorose. Andando avanti nella storia hanno imparato gradualmente che il “salire” dell’uomo in cielo non è possibile se non è preceduto da un “discendere” dì Dio sulla terra. Si rivolgevano quindi a Dio nella preghiera perché si chinasse su di loro. (cf Salmo 14,2; 53,3; 102,20; 113,6) e vedevano in ogni intervento divino a loro favore uno “scendere” di Dio verso il suo popolo (cf Es 3,8; 19,11; Nm 11,17; Sal 144,5). Intanto si maturava anche l’idea che ci sono determinati luoghi in cui Dio ama manifestarsi, luoghi santi scelti da Lui per essere il punto di contatto  tra cielo e terra. Così esclamò Giacobbe dopo aver visto in sogno la scala appoggiata sulla terra con la cime nel  cielo: “Quanto è terribile questo luogo!. Questo è proprio la casa di Dio, questo è la porta del cielo!” (Gen. 28,17) Nel tempo di Davide e Salomone, il luogo santo per eccellenza è diventato la città di Gerusalemme e soprattutto il tempio in essa. Ecco la preghiera di Salomone alla consacrazione del tempio: “Ascolta le suppliche del tuo servo e del tuo popolo Israele, quando pregheranno in questo luogo. Tu ascoltali dai cieli, dal luogo della tua dimora, ascolta e perdona!” (2 Cr 6,21) Da allora in poi, l’essere nel tempio è il desiderio più grande di ogni pio Israelita. Lo dimostra questa preghiera salmica: “Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola cerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per gustare la dolcezza del Signore ed ammirare il suo santuario” (Sl 27,4).

 

La situazione cambia con l’Incarnazione. Ora il tempio non è più un luogo ma una persona, il Figlio di Dio fatto uomo, Gesù Cristo, Colui che professiamo nel credo: “per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo”. E’ Lui che porta il cielo sulla terra e solleva la terra al cielo. Nascendo nella piccola città di Davide Egli si fa abitante nel mondo annunciando a tutti i suoi  coinquilini questo lieto messaggio: la terra è un  riflesso della bellezza del cielo, tutto il cosmo è un sacramento dell’amore divino, tutto il mondo è diventato, con la sua venuta, un santuario in cui si adora il Padre “in spirito e verità” (cf Gv. 4,23)-. E nella preghiera del Padre Nostro, insegnando i suoi discepoli a dire: “sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra” (cf Mt 6,10), Egli mostra in che modo si realizza questo abbraccio tra cielo e terra tanto atteso dagli uomini e anche da Dio: fare  la volontà del Padre dietro l’esempio del suo Figlio.

 

Il Papa scrive nella Tertio millennio adveniente: “Il fatto che il Verbo eterno abbia assunto nella pienezza dei tempi la condizione di creatura conferisce all’evento di Betlemme di duemila anni fa un singolare valore cosmico. Grazie al Verbo, il mondo delle creature si presenta come “cosmo”, cioè come universo ordinato. Ed è ancora il Verbo che, incarnandosi, rinnova l’ordine cosmico della creazione” (n.3) Dopo l’Incarnazione il mondo non è più uguale a prima, è diventato casa di Dio, casa in cui si realizza la sua volontà, in cui splende la sua bellezza.

 

Gesù ama profondamente questa terra creata per mezzo di Lui fin dal principio e diventata casa sua con l’Incarnazione. La guarda con simpatia e con intensa solidarietà. Egli è attento alla natura: ai gigli del campo, alla vite e al frumento, all’esuberanza di un campo dorato e alla fragilità della canna che si agita nel vento, al sole e alla pioggia che beneficano tutti senza parzialità e riserva, al vento e alle nuvole, alla luce e alle tenebre, all’acqua e al fuoco.        

 

Egli osserva con stupore la crescita della pianta di senapa che da un piccolissimo seme diventa un albero così rigoglioso da attirare tanti uccelli a farvi il nido. Con gli animali è tanto amico fino a farsi indicare da Giovanni il Battista come l’agnello di Dio. Le sue parabole e i suoi insegnamenti sono popolati di animali, dai più grandi come il cammello ai più piccoli come il moscerino, la tignola, e il verme. Egli li conosce nelle loro caratteristiche: la semplicità della colomba, la prudenza del serpente, i porci che non sanno apprezzare la perla, i lupi sempre pronti ad assalire la loro preda, gli avvoltoi che si radunano dove ci sono  cadaveri e immondizie.

 

Guardando al volo libero e felice dei passeri Egli pensa l’amore provvidente del Padre, osservando con tenerezza la chioccia che raduna sotto le sue ali i pulcini Egli ricorda la propria missione di riunire i dispersi figli di Dio.  La tana di volpe e il nido di uccelli lo ispirano a parlare della sua povertà. Le pecore commuovono il suo cuore di buon pastore, l’asino è diventato per lui segno della sua messianicità e il pesce il suo tesoriere da cui preleva la moneta da pagare per il tributo al tempio. Il mondo degli animali gli offre materiale per formulare alcune sue critiche severe, ma intrise di ironia delicata e di umorismo raffinato: filtrare moscerini e inghiottire cammelli, far passare il cammello dalla cruna di un ago.   

 

In questa simpatia di Gesù per tutto ciò che esiste si manifesta la bellezza e la profondità dell’Incarnazione. E’ nella sua solidarietà con il cosmo che  si rivela il senso del suo essere “ricapitolazione di tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra” (Ef 1,10). In Gesù Dio rinnova il suo primo amore verso la sua creazione. Nel racconto della Genesi Dio, al termine di ogni giornata, contempla estasiato le opere uscite dalle sue mani. “Dio vide che era una cosa buona e bella” .Questa bellezza offuscata dal peccato riacquista ora il suo fascino  con Gesù. L’annuncio della nascita di Gesù è quindi un vangelo per tutto il cosmo.

 

3.      Una storia della salvezza condensata nell’ “oggi”

“Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna…”  (Gal 4,4).

Citando questa parola con cui Paolo presenta il mistero dell’Incarnazione, il Papa commenta nella Tertio millennio adveniente:  “Il tempo in realtà si è compiuto per il fatto  stesso che Dio, con l’Incarnazione, si è calato dentro la storia dell’uomo. L’eternità è entrata nel tempo: quale  compimento più grande di questo?” (n 9). E ancora: “In Gesù Cristo, Verbo incarnato, il tempo diventa una dimensione di Dio, che in se stesso è eterno” (n 10) L’ “oggi” della nascita di Gesù segna “questa pienezza del tempo”

 

Il concetto di tempo non è univoco. Anche se un’ora ha sempre 60 minuti e un minuto 60 secondi, ieri come oggi, in Europa, come negli altri continenti, la densità e la qualità del tempo non sono sempre uguali. Spesso si pensa al tempo come a un contenitore uniforme che non porta con sé l’indicazione del proprio significato. Pur essendo misurabile con precisione, calcolabile con orologi sempre più sofisticati, divisibile con un sistema atomizzante che va fino alla minime frazioni, è in sé senza contenuto, senza consistenza. E’ la cornice esterna di avvenimenti ignoti e in quanto tale produce affanno, incute paura, suscita sgomento, genera  noia. Come riempire, controllare, dominare, gestire, sfruttare il tempo? Sono domande che manifestano la profonda impotenza di fronte a questa realtà che è così intimamente legata alla nostra esistenza.

 

Alla Bibbia non interessa molto questo tipo di tempo amorfo, vuoto. Si dà importanza  invece al tempo pieno. Nell’Antico Testamento si parla di “tempo di Mosé”, “tempo di Davide”,  “tempo dei Padri” oppure “tempo di prova”, “tempo di salvezza”, “tempo di penitenza”. I sapienti affermano che c’è “un tempo per nascere e un tempo per morire, un tempo per piantare e un tempo per sradicare le piante,…” (Qo 3,2-8) It “tempo di”  o il “tempo per” significa un tempo in cui si realizza una missione, si attua un progetto, si adempie una promessa, un tempo animato dalla vita, un tempo in cui prende corpo un’intenzione, un tempo che porta dei doni e affida dei compiti. E chi è che riempie il tempo di doni e compiti, di progetti e di promesse? Non l’uomo, ma Dio, che è il Signore assoluto del tempo. La Bibbia è quindi convinta che il tempo, visto dalla prospettiva di Dio, non è mai vuoto. E’ piuttosto l’ambito in cui Egli fa percepire la sua presenza e realizza il suo disegno. Permeato di Dio, il tempo cronologico si fa pieno, diventa storia di salvezza. Sotto la superficie di uno scorrere monotono fluisce l’eterno che dà unità e sostanza al tutto.

 

Se nell’Antico Testamento Dio ha riempito il tempo con i suoi interventi di salvezza, con Gesù Egli riempie il tempo di sé. Lo schema formale del tempo raggiunge il suo contenuto massimo. Per questo Paolo può dire che l’Incarnazione segna  “la pienezza del tempo”,  non nel senso che il tempo si è maturato e si è fatto pieno da sé per accogliere il Figlio di Dio, al contrario, è la venuta  di Gesù che porta il tempo alla sua massima pienezza, come il giorno viene non perché la notte non ha terminato il suo corso ma perché è sorto il sole. Cristo “in cui abita ogni pienezza” (Col 1,19) riempie con la sua presenza il nostro tempo, e “dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto, grazia su grazia”  (Gv 1,16).

 

Gesù stesso inaugura la sua predicazione pubblica con queste parole: Il tempo è compiuto” (Mc 1,14). Con Gesù è giunto il momento più pieno della storia umana. Il punto centrale in cui confluisce ciò che è stato e da cui fluisce ciò che sarà. “Il tempo è compiuto” è l’annuncio di questa realtà meravigliosa, è un grido di gioia, la proclamazione di una buona notizia: oggi il nostro tempo è reso capace di ospitare l ’eterno, la nostra storia è diventata storia di salvezza, storia sacra, perché storia di Dio.

 

Questo è un dono immenso da accogliere con riconoscenza e responsabilità. Gesù dirà ai suoi contemporanei chiamandoli beati, perché “molti profeti e giusti hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, e non videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, e non l’udirono” (Mt 13,16) Non si può vivere il tempo pieno, l’ “oggi” della salvezza, nel sonno, nell’indifferenza e nella passività, altrimenti esso ricade nel vuoto. E’ necessario sincronizzarci con il tempo di Gesù e conformarsi ai suoi ritmi. Per questo all’annunzio gioioso “il tempo è compiuto” Gesù fa subito seguire l’invito di adesione alla mentalità di Dio: “Convertitevi e credete al Vangelo” (Mc. 1,15).        

 

Gesù più volte fa notare che tra i nostri orologi e i nostri calendari e il suo tempo pieno non c’è una sincronizzazione automatica. “Il mio tempo non è ancora giunto, il vostro invece è sempre propizio” (Gv 7,6-8) Per chi non conosce e non si interessa del progetto di Dio, i giorni sono tutti uguali, ogni momento è propizio per qualsiasi cosa. Per Gesù invece no, Egli discerne il momento in base alla volontà di Dio accolto con libertà e amore. Nel progetto di Dio c’è un tempo per ogni cosa (Qo 3,1-8). Anche per Gesù ci sono stati  tempi  per parlare e tempi per tacere (cf Gv 19,9), un tempo per vivere e un tempo per morire (cf Gv 12,23), tempi per manifestarsi e tempi per nascondersi (cf Gv 2,4ss; 20,14), tempi per piangere e tempi per esultare (Lc 19,41; 10,21-22), tempo per esprimersi con  dolcezza e tempi per rimproverare con durezza (Mc 6,34; Mt 23,13-39), tempi  per stare con gli altri e tempi per stare da solo (Lc 6,12; Gv 6,15). In intima unione con il Padre, Gesù sapeva discernere la sua “ora” (Gv 17,12).  Egli vuole essere seguito in questo e si rattrista quando constata che ciò non si realizza. In Lc 12,56, Gesù interroga le folle in tono di rimprovero: “Come mai questo tempo non sapete giudicarlo?”  E in Lc 19,44 Egli conclude il suo pianto su Gerusalemme con l’affermazione: “Non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata”. Nelle sue parabole, Gesù spesso mette in guardia i suoi discepoli dal pericolo di organizzare il nostro tempo senza consultare il calendario di Dio. Un esempio esplicito è la parabola dell’uomo ricco, il quale, mentre fa i suoi programmi di costruire magazzini e di godere a lungo dei suoi beni, il Signore gli dice: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita” (Lc 12,20).

 

Ora sono passati 2000 anni da quella  notte di Betlemme in cui il nostro tempo  ha fatto un salto di qualità. Esternamente abbiamo sincronizzato il nostro calendario con questo grande evento, abbiamo preso l’anno della nascita di Gesù come punto di riferimento del nostro sistema universale di organizzare il tempo. Ma siamo davvero consapevoli del suo senso profondo? I nostri ritmi di vita, i nostri orari, i nostri programmi, progetti personali e comunitari sono secondo i criteri di Dio? Non rischiamo anche noi di vivere con un orario pieno e un tempo vuoto?

 

4.       Una geneologia della salvezza  centrata in Gesù

Entrando nel mondo, Gesù rinnova lo splendore del creato, entrando nel tempo, porta la storia umana alla sua pienezza, entrando a far parte dell’umanità, la natura comune di ogni essere umano viene elevata ad altissima dignità. I Padri della Chiesa amano parlare di deificazione dell’uomo. Dice per esempio S. Atanasio:  “Egli si è fatto uomo, affinché noi diventassimo Dio” (De incarnatione Verbi, 54) Questo farsi uomo del Figlio di Dio è avvenuto nella più grande umiltà. Si è inserito silenziosamente “in mezzo a noi” senza attrarre attenzione. Ascoltiamo come Luca descrive le circostanze della sua nascita. “In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra…Andavano tutti a farsi registrare, ciascuno nella sua città” (Lc 2,1ss). E’ così che Gesù nasce in un viaggio, nel contesto di una folla in movimento. E’ così che quel “oggi”  della salvezza, tanto sognato e atteso, coincide con un censimento. Mentre gli abitanti della terra si mettono in cammino per la propria città, il Signore del cielo discende, “viene tra i suoi” (Gv 1,11) e cammina con loro. Mentre il re di questo mondo si vanta della propria grandezza  e si compiace del suo gran numero di sudditi, il re dell’universo si fa piccolo e debole, umile e sottomesso. Mentre sulla terra si contano i figli degli uomini, il Figlio di Dio, incognito  e silenzioso, s’infila in mezzo a loro, diventando quasi un  numero, un’unità demografica senza peso.

 

Anche il racconto di Matteo che inizia con la geneologia di Gesù (Mt. 1,1-17) ci dà la stessa immagine di Dio nascosto tra gli uomini, tra una catena di nomi e volti. Il Figlio di Dio ha voluto immergersi in una discendenza umana, che procede di padre in figlio, di generazione in generazione, come qualsiasi essere umano. In Gesù Cristo, nato dalla vergine Maria, il “Dio con l’uomo” è diventato il “Dio nell’uomo” e il “Dio come uomo”. Il Figlio di Dio è diventato “in tutto simile a noi”, (Eb. 4,15), al punto che i suoi contemporanei credono di conoscere tutti i dati anagrafici e di poter tracciare la sua carta d’identità. “Non è costui il carpentiere, il Figlio di Maria e il fratello di Giacomo, di Joses, di Giuda e di Simeone? E le sue sorelle non stanno qui da noi?” (Mc 6,3)

 

Lungo tutta la sua vita Gesù “ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con mente d’uomo, ha agito con volontà d’uomo, ha amato con cuore d’uomo. Nascendo da Maria vergine, Egli si è fatto veramente come uno di noi, in tutto simile a noi fuorché nel peccato”.  (Gaudium et Spes 22) Con l’incarnazione il nostro essere umano è diventato lo spazio stesso della manifestazione  del divino. In Gesù noi siamo resi veramente immagini  di Dio. Diventando uomo, “il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo” (Gaudium et Spes 22) e ha elevato tutta l’umanità. Egli “è l’ultimo Adamo” (1 Cor 15,45) a cui tutta l’umanità fa riferimento come al proprio centro e  modello, alla realizzazione della massima perfezione e potenzialità della propria umanità. Non ha detto Egli stesso che avrebbe attirato “tutti a sé” (cf Gv 12,32)?

 

            La grandezza dell’Incarnazione del Figlio di Dio non si manifesta solo nel suo essere umano come singolo individuo, ma anche nella sua relazione con gli altri, con l’ambiente, con la società, con la tradizione, ecc… L’esistenza umana si svolge infatti in un complesso rapporto di  con, per, in, accanto, contro. Come nel confronto del cosmo e della storia, Gesù ha un atteggiamento di partecipazione serena e aperta a tutto ciò che è autenticamente umano. Egli stesso è cresciuto “in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini” (Lc 2,52) nel contesto della ferialità della vita familiare in un ambiente semplice, quello della piccola borgata di Nazaret.  La sua persona e le sue parole lasciano trasparire un calore umano, è pieno di buon senso, di sapienza, di realismo, di amore alla vita. Egli parla con disinvoltura e senso pratico del lavoro del contadino, del vignaiolo, del pescatore, del pastore, del mercante, del costruttore di casa. Non gli sfuggono i piccoli lavori domestici assegnati alla donna, come per esempio, lievitare la pasta e fare il pane, accendere la lampada e metterla sul moggio, conservare il vino, rammendare i vestiti vecchi. Egli conosce pure il dolore della donna in parto e comprende bene il suo stato d’animo. Desta meraviglia il fatto che  abbia assunto l’immagine della donna partoriente per parlare del suo mistero pasquale. (cf Gv 16,21-23)

 

Egli gode della gioia della festa, accetta volentieri gli inviti al banchetto, visita gli amici, partecipa alle nozze tiene fra le braccia i bambini e guarda con simpatia i giochi che essi fanno tra di loro nelle piazze. Egli osserva con attenzione la gente che prega nel tempio e non gli è nascosto il gesto umile e discreto di una donna che getta le sue uniche monete nel tesoro. Egli condivide il dolore di chi è nel lutto, comprende l’angoscia dei genitori che hanno figli malati, si commuove per il pianto di una madre e per la morte di un amico, sente compassione per la folla disorientata, coglie il senso di impotenza di chi si rende conto d’essere incapace di prolungare la propria vita nemmeno di un giorno, conosce la trepidazione di chi ha la responsabilità di custodire la casa dai ladri imprevedibili.

 

Non gli sono estranee le dinamiche complesse delle relazioni umane sia nella famiglia come nella società. Egli stesso ha avuto una gamma di relazione  con i suoi familiari e compaesani, con i discepoli, con la folla, con amici, ammiratori e oppositori, con le autorità civili e religiose, con giudei e greci (cf Gv 12), con persone ricche e povere, colte e meno colte, ecc…Nelle sue parabole Egli parla con perspicacia dei rapporti tra padre e figlio, tra fratelli nella famiglia, tra padroni e servi, tra maestro e discepoli, tra re e sudditi, tra ricchi e poveri, potenti ed oppressi, soprattutto Egli insiste sull’amore da estendere a tutti, persino ai nemici.

Egli valorizza la tradizione e la sapienza umana. Nei suoi insegnamenti, Gesù fa la sintesi di sapienza umana e sapienza di Dio, coglie in unità la storia e la creazione, la vita quotidiana degli uomini e l’agire continuo di Dio manifestato in essa. Detti come questi: “Dov’è il tuo tesoro, lì è il tuo cuore” (Mt. 6,21), “Non sappia la tua mano sinistra ciò che fa la tua destra” (Mt 6,3) ecc… sono parole divine cariche di umanità e allo stesso tempo sapienza umana trasformata in rivelazione divina. Concludo riassumendo le tante parole dette in una: 

la “grande gioia” annunciata dall’angelo alla nascita di Gesù è una gioia per tutta l’umanità, una gioia che coinvolge tutto il cosmo e che si estende in tutta la storia.