1/12/2000 Roma – Prende il via presso l’Expo Missio 2000 (Abbazia delle Tre Fontane), l’iniziativa
di educazione alla
mondialità promossa dalla Federazione do ONG “Focsiv-Volontari nel
Mondo” nell’ambito
della campagna ecclesiale per la riduzione del debito estero dei Paesi
più poveri.
2-3
Roma - Incontro proposto dall’Expo Missio 2000 sul tema: “I missionari comunicatori
fra le culture”, presso l’Abbazia delle Tre
Fontane:
2-6
Roma - 3a Assemblea ordinaria del Forum
Internazionale di Azione Cattolica
(FIAC), sul tema “La
permanente attualità di un dono dello Spirito. Azione Cattolica:
fedeli laici che vivono
la novità del vangelo e sono segno di comunione”.
3 Città
del Vaticano - Roma – Giubileo dei
Disabili – Celebrazione
Eucaristica presieduta
dal Santo Padre
nella Basilica di S. Paolo fuori le mura, per il Giubileo della comunità
dei
disabili. Giornata internazionale dei disabili
stabilita dall’ONU.
7
10° Anniversario della
firma dell’Enciclica di Giovanni Paolo
II° “Redemptoris
Missio”
8
35° anniversario della
chiusura del Concilio Ecumenico Vaticano II° -
25° anniversario
della firma dell’Esortazione Apostolica
di Paolo VI° “Evangelii
Nuntiandi”
Solennità
dell’Immacolata Concezione di Maria
11
Parigi – (Francia) Riunione
del Consiglio Permanente della Conferenza episcopale
francese.
15-17
Giubileo del mondo dello
Spettacolo
16 Roma – Celebrazione
Ecumenica presieduta dal card. Cassidy nella chiesa
di
Sant’Ignazio.
17
Città del Vaticano –Celebrazione Eucaristica
presieduta dal Santo Padre in occasione del
Giubileo del mondo
dello Spettacolo
20
Gerusalemme – Israele – “Concerto
per la pace in Israele”, promosso dall’Associazione Musicale
Angelo Mariani (Ravenna), in collaborazione con il Ministero degli
Esteri, la Nunziatura Apostolica in Israele, il Pontificio Consiglio della
Cultura, nella Chiesa delle Nazioni.
25 Solennità del Natale
del Signore Gesù – Messaggio Natalizio del santo Padre e
Benedizione “Urbi et Orbi”.
31 Assisi – Italia - 33ma
“Marcia per la Pace”, promossa da
Pax Christi.
1/12/1978 Giovanni Paolo II proclama l’eroicità
delle virtù di M. Giuseppina Bakhita
7/12/1828 La
nostra Fondatrice si incontra con il Papa Leone XII°, in vista
dell’approvazione
della Regola
7/12/1941 La
MADRE FONDATRICE è proclamata dalla Chiesa “BEATA”
11/12/1894 Le prime Figlie della Carità arrivano a Singapore
13/12/1899 M. Barbara Melzi, fondatrice dell’Istituto a
Legnano, muore
15/12/1835 M. Cristina Pilotti muore
23/12/1828 Leone XII°, con Breve Pontificio, approva l’Istituto
e la Regola delle FIGLIE della
CARITA’ CANOSSIANE
1. Sorelle
Missionarie
Arrivi - Sor. Gina Zucchello è
rientrata dal Brasile per cure e Sor. Anna Maria Busatta dalla Tanzania per
assistenza alla mamma anziana. Ricordiamole
nella preghiera!
Rientri in Missione – Sono ritornate in Missione: Sor. Carolina Gandini
- Tanzania, Sor. Graziana Zanardi - Kenya/Sudan, Sor. Cozzini Angela e Zambello Pierina - Nord
India - AUGURI SORELLE!
Partenza “Ad Gentes” – Sor. Cynthia Menenzes e Sor. Sandra Misquitta sono partite in Novembre per
la Tanzania. Auguriamo ad ambedue un felice inserimento nella nuova Provincia
Religiosa e un ardente passione per il
Regno in terra d’Africa. Ora si dedicheranno allo studio della lingua Swahili
prima di immergersi nell’apostolato diretto. Sor. Cynthia, infermiera, svolgerà
la sua missione nel campo infermieristico, mentre Sor. Sandra, insegnante, si
occuperà dell’educazione della gioventù scolastica nella Scuola Secondaria
Superiore di Bagamoyo. (Bagamoyo è ricordata nella storia Africana come il più
grande centro di mercato degli schiavi.
Il parroco di Bagamoyo, italiano, ha costruito la scuola per la promozione
della donna emarginata.
In segno di riconoscenza e ringraziamento per la canonizzazione di M.
Giuseppina Bakhita, che ha avuto la grazia grande di passare dalla schiavitù
alla libertà, la Provincia dell’Est
Africa ha assunto la sfida di gestire la
scuola nel prossimo futuro.) Ambedue, le sorelle, hanno avuto l’opportunità
di una immediata preparazione alla Missione
frequentando al CUM di Verona il Corso sull’Africa. Inoltre hanno
partecipato al Corso di approfondimento missionario programmato dal CAMIC nel
Luglio scorso “Si tratta di più…” La Profezia della missione canossiana.
2. Volontari in missione
Digna Esguerra, Filippina, dopo alcuni mesi di
preparazione qui al Centro, partirà il 5
dicembre per il Togo. Auguri di ogni bene!
3.
Attività Formative Missionarie
Presso il Centro Missionario è stato iniziato un
corso di approfondimento della Redemptoris Missio. Il Corso, a ritmo
quindicinale, giovedì alle ore 18.00, è curato da Mons. Paolo Giglioni, decano
della facoltà di missiologia –
Università Urbaniana. Dopo la conferenza
c’è la S. Messa. Il corso è aperto a tutte le sorelle.
Corsi
rilevanti 2001
· Roma – presso la Pontificia Università Urbaniana si terrà la Scuola per animatrici missionarie con le seguenti date: 22-25 Febbraio 2001 e 28 Giugno – 5 Luglio 2001 –
· Roma – Nella sede centrale dell’USMI in Via Zanardelli, 32 – si terrà dal 23 al 25 Febbraio, un Seminario sull’ ”Ecumenismo e Dialogo Interreligioso” -
· Roma – presso la Pontificia Università Urbaniana – si terrà dal 15 al 18 Marzo il Convegno Missionario USMI - PUM
Per informazioni rivolgersi all’USMI – Via Zanardelli,32 – 00186 Roma -
tel. No.06-68400540 - fax 06-68801935
Date
importanti
·
1 dicembre – Giornata mondiale di lotta contro
l’AIDS/SIDA stabilita
dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 1988 e organizzata da UNAIDS, sul
tema “Gli uomini segnano la differenza”.
·
2
dicembre – Giornata internazionale per l’abolizione della schiavitù,
nell’anniversario dell’adozione della Convenzione ONU per l’eliminazione del
traffico e dello sfruttamento delle
persone.
·
9
dicembre – 575° anniversario della
firma di Papa Martino V della Bolla che riconosceva l’erezione dell’Università Cattolica di Lovanio (Belgio).
· 10 dicembre - Giornata mondiale dei Diritti Umani (ONU). A Oslo e Stoccolma, consegna dei Premi Nobel
·
14
dicembre – 50° anniversario di fondazione dell’Alto Commissariato delle Nazioni
Unite per i Rifugiati.
Eventi
importanti
·
3-10
dicembre – Francia - Settimana della Bibbia promossa dall’Alleanza biblica, insieme al
Servizio Biblico Cattolico “Vangelo e Vita”, alla Federazione Protestante di
Francia e alla Lega Evangelica per la lettura della Bibbia.
·
4
dicembre - Catania (Italia) – Inaugurazione del primo “Museo per la Pace”
italiano, ospitato in un edificio di Paternò (CT). Accoglierà documenti, immagini, video,
testimonianze sui conflitti recenti nei Balcani e nel Golfo, reperti della
Seconda Guerra Mondiale.
·
13-14 dicembre – Roma – Tavola Rotonda promossa dai Pontifici Consigli della Cultura e
delle Comunicazioni Sociali insieme all’Ente dello Spettacolo e alla Pontificia
Università Salesiana, sul tema “Giovanni
Paolo II e il cinema: un itinerario di fede e cultura, arte e comunicazione”,
presso l’UPS
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FESTA PATRONALE:
AUGURI alle Sorelle della
Provincia di San Francesco Saverio - India
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“C.A.M.I.C. INFORMA” é una pubblicazione mensile,
strumento di informazione missionaria tra il Centro Missionario Canossiano e le
Province. Invitiamo le sorelle Canossiane a collaborare
per una condivisione di
notizie/attività
missionarie. Desideriamo ricevere
dette notizie non più tardi del 20 di ogni mese all’indirizzo
sottostante. Grazie!
Preparato e curato da C.A.M.I.C.
- Centro Animazione-Formazione Missionaria Internazionale Canossiano -
Via Aurelia Antica 180, 00165 ROMA
- Tel. 0039-06-39366914 – Fax
0039-06-6385885 -E-mail camicrm@fdcc.org
Pensiamo di fare cosa loro gradita, nell’imminenza
del Natale, offrire questa riflessione biblica
tenuta da Suor Maria Koh, FMA, al Congresso Missionario Mondiale 2000 - tenutosi a Roma dal 18 al 22 ottobre u.s.
Annunciare Gesù, il Salvatore, Cristo Signore
L’icona: Gli Angeli annunciano
Gesù nella regione di Betlemme
“C’erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte
facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a
loro e la gloria del Signore li avvolse
di luce. Essi furono presi da grande spavento, ma l’angelo disse loro: “Non
temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi
è nato nella città di Davide un salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi
il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia”.
E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste che lodava
Dio e diceva: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini
che egli ama.” ” (Lc. 2,8-14)
La scena è suggestiva. La notte,
l’oscurità, il silenzio, la campagna aperta: l’apparente tranquillità è densa
di mistero e carica di anticipazione. E’ l’atmosfera di gestazione di novità,
lo sfondo da cui emerge la sorpresa. Ecco che irrompe improvviso un messaggero
dal cielo, avvolto di luce. La reazione spontanea dei pastori è quello di un
“grande spavento”, a cui l’angelo contrappone con l’annuncio della “grande
gioia”. Tuttavia la vera novità sorprendente non sta tanto nell’apparizione
dell’angelo, ma in ciò che egli annuncia, o più esattamente, non sta nemmeno
nell’annuncio, bensì in colui che viene annunciato: Gesù Cristo. Così afferma
il Papa nella Bolla di Indizione del Grande Giubileo: “Gesù è la
vera novità che supera ogni attesa dell’umanità e tale rimarrà per sempre,
attraverso il succedersi delle epoche storiche” (Incarnationis Mysterium 1). Ma
come può rimanere “novità” un evento accaduto 2000 anni fa? Come può lo stupore
dei pastori, che per primo hanno accolto il lieto annunzio, perdurare di
generazione in generazione, non consunto dal tempo, non fossilizzato dalle
ripetizioni e non diluito dalle vicende complesse della storia umana? Dice G.
K. Chesterton “Il mondo non perirà certo per mancanza di
meraviglie, bensì per la perdita della meraviglia”. Un rischio forte per
noi cristiani è quello di abituarci troppo al mistero e al miracolo.
Alcuni anni fa, in Cina, ho avuto
un colloquio interessante con un filosofo taoista. Una sua parola mi è rimasta
molto impressa nella mente. Egli, un uomo religioso e un pensatore profondo,
conosceva il cristianesimo attraverso lo studio e aveva una grande stima per la
nostra fede. Una volta discorrendo sulle nostre diverse religioni, egli diceva:
“Voi cristiani sapete troppo di Dio”. Alla
mia richiesta di chiarificazione egli spiegò: “Voi conoscete per rivelazione chi è Dio, sapete descrivere bene la sua
natura, i suoi attributi, il suo modo di pensare, le sue opere, il suo piano di
salvezza dal principio fino al compimento definitivo. Conoscete ciascuna delle
tre persone divine, le loro opere e le loro
relazioni tra di loro. E come
se ciò non bastasse, il Figlio di Dio si è reso visibile
e tangibile divenendo uomo. E ancora, egli ha fondato la Chiesa, ha istituito i
sacramenti, ha lasciato la sua parola e il suo esempio. La Chiesa poi sa bene
che cosa i singoli fedeli devono credere, cosa devono fare per ottenere la
salvezza… Sapete così tanto che quasi non avete più bisogno di ricercare e di scoprire. Temo che il
sapere troppo tolga il gusto di sostare nel mistero e diminuisca la gioia di
tendere verso l’ineffabile”.
Davvero sappiamo così tanto di
Gesù? Davvero siamo diventati insensibili da non provocare né “grande spavento” né “grande gioia” di fronte alla sua nascita? Certo, il mistero
dell’Incarnazione non può dischiudere la sua carica di novità sconvolgente se
la consideriamo pacificamente inquadrata tra le cose sapute, tra le verità da
credere, tra le dottrine ben sistemate, tra le formule da ripetere nella
catechesi e tra le date da celebrare di anno in anno nel nostro calendario
liturgico. A 2000 anni di distanza da questo grande evento,
proviamo a riascoltare con semplicità, povertà e stupore l’annuncio risuonato
nella notte di Betlemme.
1. L’Annuncio della grande
gioia
“Vi annuncio una gioia grande”.
E’ necessario l’annuncio, perché la
venuta di Dio in mezzo a noi non è né una conoscenza innata, né può essere
dedotta da nessun ragionamento o causato da nessun sforzo umano. Le varie vie
di ricerca del divino possono arrivare alla convinzione che Dio ama l’uomo, ma
solo il cristianesimo racconta che questo amore lo ha spinto a farsi uomo, a
vivere in mezzo agli uomini, a morire e a risorgere per salvare l'umanità. E come siamo giunti a conoscere questo fatto
sorprendente e meraviglioso? Attraverso le molteplici forme di annuncio e di
testimonianza. In realtà il Dio che conosco ora, il “mio” Dio, è stato prima un “Dio
degli altri”, un Dio presentatomi da altri. Ciò vale non solo per quelli,
che come me, provengono da culture non cristiane, ma in misure diverse, per
tutti. Israele chiamava il suo Dio “Dio
di Abramo, di Isacco, di Giacobbe”, “Dio dei Padri”. Si tratta di un Dio di
cui gli altri hanno fatto esperienza personale, un Dio creduto, amato da altri,
un Dio annunciato, condiviso, consegnato da altri e un Dio da donare, da far
nascere e far crescere nel cuore degli altri.
Da quella notte di Betlemme in poi,
la catena dell’annuncio continua a svilupparsi nella successione del tempo e
nell’estensione dello spazio, di generazione in generazione e di luogo in
luogo. Oggi, come 2000 anni fa, l’annuncio di Gesù dev’essere una notizia di
grande gioia, non idee astratte e fredde, non teorie dottrinali, non norme o
leggi rigide, e nemmeno come quelle
“liete notizie” che si usavano proclamare in modo cerimonioso dai
palazzi di marmo alla nascita di un principe reale. L’annuncio gioioso
dell’angelo fatto nel silenzio della notte ad un gruppo di semplici pastori,
consiste in questo “Oggi vi è nato nella città di Davide il
Salvatore, che è Cristo Signore”. E’ facile da riconoscere che qui c’è un
richiamo all’oracolo profetico di Isaia “Il
popolo che cammina nelle tenebre vide una grande luce; su coloro che abitavano
in terra tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato
la letizia… Poiché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un Figlio…” (Is.
9, 1-6) Oltre a questo sfondo profetico che contribuisce a collocare il
fatto della nascita di Gesù nell’orizzonte delle promesse, l’annuncio in
sé è denso di significato teologico. Ci
soffermiamo a riflettere lasciandoci orientare da queste domande: Chi è nato? Dove? Quando?
Per chi?
·
Chi é nato?
Nel paragrafo precedente (2,1-6)
Luca racconta il fatto storico della
nascita di Gesù, ora egli passa dalla
narrazione all’annuncio, che intende manifestare il senso profondo di questo
evento per la salvezza dell’umanità. Del neonato non si vuole presentare i dati
da anagrafe, ma l’identità nella fede: Egli è il
Salvatore, il Cristo, il Signore. Sono tre appellativi di
derivazione pasquale, tre titoli che sintetizzano la fede della Chiesa in Gesù
Cristo. L’annuncio dall’alto dovrà diventare la confessione di fede dal basso,
fatta da tutta la comunità dei discepoli di Gesù. Sicuramente non sfugge a
nessuno il contrasto forte espresso dall’immagine del Salvatore – Cristo -
Signore giacente in una mangiatoia. E’ proprio questo paradosso è dato ai
pastori come segno di riconoscimento.
·
Dove?
“Nella città di Davide” Anche
questa non è semplicemente un’indicazione topografica, ma va collegata
all’identità di Gesù come Messia, discendente di Davide, promesso dai profeti.
·
Quando?
“Oggi” Ma non si tratta solo di un “oggi” di calendario, si vuol piuttosto
sottolineare che con la nascita di Gesù, il Salvatore, la salvezza è ormai
reale, presente e concreta, a portata di quanti vogliano accoglierla. Per questo ogni
incontro con Gesù sarà un’occasione di grazia. Il vecchio Simeone lo
riconoscerà benedicendo il Signore perché gli ha concesso di “vedere la
salvezza” con i propri occhi (Lc. 2,30).
Gesù stesso dirà a Zaccheo: “Oggi la
salvezza è venuta in questa casa” (19,9), e soprattutto al “buon ladrone” sulla croce: “oggi sarai con me in paradiso” (23,43)
·
Per chi?
“Per voi” è nato. Il “voi” fa
riferimento immediato ai pastori, ma essi sono i primi, non gli unici. Dopo
aver accolto l’annuncio e sperimentato ciò che è stato loro detto, i pastori a
loro volta diventano annunciatori (cf. 2, 17-18). La salvezza è destinata a
tutti, iniziando dai poveri e semplici, da quelli che hanno il cuore aperto. La
“grande gioia” è “per tutto il popolo”, senza esclusione.
Dopo questa visione globale sulla
scena e sul testo, cerchiamo di contemplare, sempre con il senso di stupore, il
mistero racchiuso in questo annuncio. Come ce lo ricordano ripetutamente i
padri della Chiesa, l’ascolto della Parola di Dio non si ferma solo alla
parola, ma deve portarci a conoscere il pensiero di Dio, a intuire il suo stile di azione, a
scoprire i suoi desideri, ad entrare nel suo cuore. Dice esplicitamente San
Gregorio Magno: “Leggere la Bibbia è
imparare a conoscere il cuore di Dio attraverso le sue parole”. (Registrum
Epistularum V,46) Dobbiamo tenere
presente che l’Incarnazione di Cristo non è solo un fatto storico, ma è la
realizzazione del desiderio di Dio d’essere con noi, la manifestazione del suo
stile particolare nell’avvicinarsi alle sue creature. La contemplazione di
questo mistero è un entrare timidamente, ma profondamente nel cuore di Dio.
Come abbiamo visto, nell’annuncio
dell’angelo c’è un’indicazione del tempo, del luogo e delle persone destinate
alla salvezza. Sembra che da qui possiamo leggere, al di là dei dati storici,
lo stile meraviglioso di Dio nel salvare l’umanità Egli ha voluto rinnovare il
mondo entrando nel mondo, salvare l’uomo diventando l’uomo, trasformare la
storia prendendo parte in essa. Con l’Incarnazione l’infinito Dio fa di un
piccolo luogo la sua dimora, l’eterno
Dio si racchiude in un breve periodo di tempo,
l’invisibile Dio si rivela nella natura
umana. Dall’Incarnazione nasce una geografia della salvezza, una storia della salvezza e una geneologia della salvezza o un’umanità salvata.
2. Una geografia della salvezza che parte dalla “città di Davide”
“Se tu squarciassi il cielo e scendessi!” (Is. 63,19) questo
grido del profeta Isaia esprime un anelito profondo dell’umanità. Da sempre
l’uomo sente come insormontabile la distanza tra il cielo e la terra, tra il
suo mondo e il mondo misterioso e
irraggiungibile dove abita la divinità. Da sempre Egli desidera che questa distanza si accorci, che la sfera
divina e quella umana si tocchino, non per un’esplosione, ma per un abbraccio.
L’uomo ha anche tentato di
superare questa distanza di propria iniziativa e con i propri mezzi. Adamo e
Eva hanno ceduto alla tentazione di “diventare come Dio” (Gn.3,5), i loro
discendenti hanno cercato di “costruire una torre e una città, la cui cima
tocchi il cielo” (Gn. 11,3). Volevano dire a Dio: “Sta dove sei nel tuo cielo.
Non hai bisogno di scomodarti. Noi siamo capaci di venire fino a Te se vogliamo
cercarti”. E naturalmente la loro impresa di auto esaltazione fallì con
conseguenze dolorose. Andando avanti nella storia hanno imparato gradualmente
che il “salire” dell’uomo in cielo non è possibile se non è preceduto da un
“discendere” dì Dio sulla terra. Si rivolgevano quindi a Dio nella preghiera
perché si chinasse su di loro. (cf Salmo 14,2; 53,3; 102,20; 113,6) e vedevano
in ogni intervento divino a loro favore uno “scendere” di Dio verso il suo
popolo (cf Es 3,8; 19,11; Nm 11,17; Sal 144,5). Intanto si maturava anche
l’idea che ci sono determinati luoghi in cui Dio ama manifestarsi, luoghi santi
scelti da Lui per essere il punto di contatto
tra cielo e terra. Così esclamò Giacobbe dopo aver visto in sogno la
scala appoggiata sulla terra con la cime nel
cielo: “Quanto è terribile questo
luogo!. Questo è proprio la casa di Dio, questo è la porta del cielo!”
(Gen. 28,17) Nel tempo di Davide e Salomone, il luogo santo per eccellenza è
diventato la città di Gerusalemme e soprattutto il tempio in essa. Ecco la
preghiera di Salomone alla consacrazione del tempio: “Ascolta le suppliche del tuo servo e del tuo popolo Israele, quando
pregheranno in questo luogo. Tu ascoltali dai cieli, dal luogo della tua
dimora, ascolta e perdona!” (2 Cr 6,21) Da allora in poi, l’essere nel
tempio è il desiderio più grande di ogni pio Israelita. Lo dimostra questa
preghiera salmica: “Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola cerco: abitare
nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per gustare la dolcezza
del Signore ed ammirare il suo santuario” (Sl 27,4).
La situazione cambia con
l’Incarnazione. Ora il tempio non è più un luogo ma una persona, il Figlio di
Dio fatto uomo, Gesù Cristo, Colui che professiamo nel credo: “per noi uomini e per la nostra salvezza
discese dal cielo”. E’ Lui che porta il cielo sulla terra e solleva la
terra al cielo. Nascendo nella piccola città di Davide Egli si fa abitante nel
mondo annunciando a tutti i suoi
coinquilini questo lieto messaggio: la terra è un riflesso della bellezza del cielo, tutto il
cosmo è un sacramento dell’amore divino, tutto il mondo è diventato, con la sua
venuta, un santuario in cui si adora il Padre “in spirito e verità” (cf Gv. 4,23)-. E nella preghiera del Padre Nostro, insegnando i suoi discepoli a dire: “sia fatta la tua volontà come in cielo così
in terra” (cf Mt 6,10), Egli
mostra in che modo si realizza questo abbraccio tra cielo e terra tanto atteso
dagli uomini e anche da Dio: fare la
volontà del Padre dietro l’esempio del suo Figlio.
Il Papa scrive nella Tertio millennio adveniente: “Il fatto che
il Verbo eterno abbia assunto nella pienezza dei tempi la condizione di creatura
conferisce all’evento di Betlemme di duemila anni fa un singolare valore
cosmico. Grazie al Verbo, il mondo delle creature si presenta come “cosmo”,
cioè come universo ordinato. Ed è ancora il Verbo che, incarnandosi, rinnova
l’ordine cosmico della creazione” (n.3) Dopo l’Incarnazione il mondo non è
più uguale a prima, è diventato casa di Dio, casa in cui si realizza la sua
volontà, in cui splende la sua bellezza.
Gesù ama profondamente questa
terra creata per mezzo di Lui fin dal principio e diventata casa sua con
l’Incarnazione. La guarda con simpatia e con intensa solidarietà. Egli è
attento alla natura: ai gigli del campo, alla vite e al frumento,
all’esuberanza di un campo dorato e alla fragilità della canna che si agita nel
vento, al sole e alla pioggia che beneficano tutti senza parzialità e riserva,
al vento e alle nuvole, alla luce e alle tenebre, all’acqua e al fuoco.
Egli osserva con stupore la
crescita della pianta di senapa che da un piccolissimo seme diventa un albero
così rigoglioso da attirare tanti uccelli a farvi il nido. Con gli animali è
tanto amico fino a farsi indicare da Giovanni il Battista come l’agnello di
Dio. Le sue parabole e i suoi insegnamenti sono popolati di animali, dai più
grandi come il cammello ai più piccoli come il moscerino, la tignola, e il
verme. Egli li conosce nelle loro caratteristiche: la semplicità della colomba,
la prudenza del serpente, i porci che non sanno apprezzare la perla, i lupi
sempre pronti ad assalire la loro preda, gli avvoltoi che si radunano dove ci
sono cadaveri e immondizie.
Guardando al volo libero e felice
dei passeri Egli pensa l’amore provvidente del Padre, osservando con tenerezza
la chioccia che raduna sotto le sue ali i pulcini Egli ricorda la propria
missione di riunire i dispersi figli di Dio.
La tana di volpe e il nido di uccelli lo ispirano a parlare della sua
povertà. Le pecore commuovono il suo cuore di buon pastore, l’asino è diventato
per lui segno della sua messianicità e il pesce il suo tesoriere da cui preleva
la moneta da pagare per il tributo al tempio. Il mondo degli animali gli offre
materiale per formulare alcune sue critiche severe, ma intrise di ironia
delicata e di umorismo raffinato: filtrare moscerini e inghiottire cammelli,
far passare il cammello dalla cruna di un ago.
In questa simpatia di Gesù per
tutto ciò che esiste si manifesta la bellezza e la profondità
dell’Incarnazione. E’ nella sua solidarietà con il cosmo che si rivela il senso del suo essere “ricapitolazione di tutte le cose, quelle
del cielo come quelle della terra” (Ef 1,10). In Gesù Dio rinnova il suo
primo amore verso la sua creazione. Nel racconto della Genesi Dio, al termine
di ogni giornata, contempla estasiato le opere uscite dalle sue mani. “Dio vide che era una cosa buona e bella” .Questa
bellezza offuscata dal peccato riacquista ora il suo fascino con Gesù. L’annuncio della nascita di Gesù è
quindi un vangelo per tutto il cosmo.
3. Una storia della salvezza condensata nell’ “oggi”
“Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da
donna…” (Gal 4,4).
Citando questa parola con cui
Paolo presenta il mistero dell’Incarnazione, il Papa commenta nella Tertio millennio adveniente: “Il tempo in realtà si è compiuto per il
fatto stesso che Dio, con
l’Incarnazione, si è calato dentro la storia dell’uomo. L’eternità è entrata
nel tempo: quale compimento più grande
di questo?” (n 9). E ancora: “In Gesù
Cristo, Verbo incarnato, il tempo diventa una dimensione di Dio, che in se
stesso è eterno” (n 10) L’ “oggi” della nascita di Gesù segna “questa pienezza del tempo”
Il concetto di tempo non è
univoco. Anche se un’ora ha sempre 60 minuti e un minuto 60 secondi, ieri come
oggi, in Europa, come negli altri continenti, la densità e la qualità del tempo
non sono sempre uguali. Spesso si pensa al tempo come a un contenitore uniforme
che non porta con sé l’indicazione del proprio significato. Pur essendo
misurabile con precisione, calcolabile con orologi sempre più sofisticati,
divisibile con un sistema atomizzante che va fino alla minime frazioni, è in sé
senza contenuto, senza consistenza. E’ la cornice esterna di avvenimenti ignoti
e in quanto tale produce affanno, incute paura, suscita sgomento, genera noia. Come riempire, controllare, dominare,
gestire, sfruttare il tempo? Sono domande che manifestano la profonda impotenza
di fronte a questa realtà che è così intimamente legata alla nostra esistenza.
Alla Bibbia non interessa molto
questo tipo di tempo amorfo, vuoto. Si dà importanza invece al tempo pieno. Nell’Antico Testamento
si parla di “tempo di Mosé”, “tempo di Davide”, “tempo dei Padri” oppure “tempo di prova”, “tempo di salvezza”,
“tempo di penitenza”. I sapienti affermano che c’è “un tempo per nascere e un tempo per morire, un tempo per piantare e un
tempo per sradicare le piante,…” (Qo 3,2-8) It “tempo di” o il “tempo per” significa un tempo in cui si
realizza una missione, si attua un progetto, si adempie una promessa, un tempo
animato dalla vita, un tempo in cui prende corpo un’intenzione, un tempo che
porta dei doni e affida dei compiti. E chi è che riempie il tempo di doni e
compiti, di progetti e di promesse? Non l’uomo, ma Dio, che è il Signore
assoluto del tempo. La Bibbia è quindi convinta che il tempo, visto dalla
prospettiva di Dio, non è mai vuoto. E’ piuttosto l’ambito in cui Egli fa
percepire la sua presenza e realizza il suo disegno. Permeato di Dio, il tempo
cronologico si fa pieno, diventa storia di salvezza. Sotto la superficie di uno
scorrere monotono fluisce l’eterno che dà unità e sostanza al tutto.
Se nell’Antico Testamento Dio ha
riempito il tempo con i suoi interventi di salvezza, con Gesù Egli riempie il
tempo di sé. Lo schema formale del tempo raggiunge il suo contenuto massimo.
Per questo Paolo può dire che l’Incarnazione segna “la pienezza del tempo”, non nel senso che il tempo si è maturato e si
è fatto pieno da sé per accogliere il Figlio di Dio, al contrario, è la
venuta di Gesù che porta il tempo alla
sua massima pienezza, come il giorno viene non perché la notte non ha terminato
il suo corso ma perché è sorto il sole. Cristo “in cui abita ogni pienezza” (Col 1,19) riempie con la sua presenza
il nostro tempo, e “dalla sua pienezza
noi tutti abbiamo ricevuto, grazia su grazia” (Gv 1,16).
Gesù stesso inaugura la sua
predicazione pubblica con queste parole: Il
tempo è compiuto” (Mc 1,14). Con Gesù è giunto il momento più pieno della
storia umana. Il punto centrale in cui confluisce ciò che è stato e da cui
fluisce ciò che sarà. “Il tempo è
compiuto” è l’annuncio di questa realtà meravigliosa, è un grido di gioia,
la proclamazione di una buona notizia: oggi il nostro tempo è reso capace di
ospitare l ’eterno, la nostra storia è diventata storia di salvezza, storia
sacra, perché storia di Dio.
Questo è un dono immenso da
accogliere con riconoscenza e responsabilità. Gesù dirà ai suoi contemporanei
chiamandoli beati, perché “molti profeti
e giusti hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, e non videro, e ascoltare
ciò che voi ascoltate, e non l’udirono” (Mt 13,16) Non si può vivere il
tempo pieno, l’ “oggi” della
salvezza, nel sonno, nell’indifferenza e nella passività, altrimenti esso
ricade nel vuoto. E’ necessario sincronizzarci con il tempo di Gesù e
conformarsi ai suoi ritmi. Per questo all’annunzio gioioso “il tempo è compiuto” Gesù fa subito seguire l’invito di adesione
alla mentalità di Dio: “Convertitevi e
credete al Vangelo” (Mc. 1,15).
Gesù più volte fa notare che tra
i nostri orologi e i nostri calendari e il suo tempo pieno non c’è una
sincronizzazione automatica. “Il mio tempo
non è ancora giunto, il vostro invece è sempre propizio” (Gv 7,6-8) Per chi
non conosce e non si interessa del progetto di Dio, i giorni sono tutti uguali,
ogni momento è propizio per qualsiasi cosa. Per Gesù invece no, Egli discerne
il momento in base alla volontà di Dio accolto con libertà e amore. Nel
progetto di Dio c’è un tempo per ogni cosa (Qo 3,1-8). Anche per Gesù ci sono
stati tempi per parlare e tempi per tacere (cf Gv 19,9),
un tempo per vivere e un tempo per morire (cf Gv 12,23), tempi per manifestarsi
e tempi per nascondersi (cf Gv 2,4ss; 20,14), tempi per piangere e tempi per
esultare (Lc 19,41; 10,21-22), tempo per esprimersi con dolcezza e tempi per rimproverare con durezza
(Mc 6,34; Mt 23,13-39), tempi per stare
con gli altri e tempi per stare da solo (Lc 6,12; Gv 6,15). In intima unione
con il Padre, Gesù sapeva discernere la sua “ora”
(Gv 17,12). Egli vuole essere
seguito in questo e si rattrista quando constata che ciò non si realizza. In Lc
12,56, Gesù interroga le folle in tono di rimprovero: “Come mai questo tempo non sapete giudicarlo?” E in Lc 19,44 Egli conclude il suo pianto su
Gerusalemme con l’affermazione: “Non hai
riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata”. Nelle sue parabole, Gesù
spesso mette in guardia i suoi discepoli dal pericolo di organizzare il nostro
tempo senza consultare il calendario di Dio. Un esempio esplicito è la parabola
dell’uomo ricco, il quale, mentre fa i suoi programmi di costruire magazzini e
di godere a lungo dei suoi beni, il Signore gli dice: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita” (Lc
12,20).
Ora sono passati 2000 anni da
quella notte di Betlemme in cui il
nostro tempo ha fatto un salto di
qualità. Esternamente abbiamo sincronizzato il nostro calendario con questo
grande evento, abbiamo preso l’anno della nascita di Gesù come punto di
riferimento del nostro sistema universale di organizzare il tempo. Ma siamo
davvero consapevoli del suo senso profondo? I nostri ritmi di vita, i nostri
orari, i nostri programmi, progetti personali e comunitari sono secondo i
criteri di Dio? Non rischiamo anche noi di vivere con un orario pieno e un
tempo vuoto?
4.
Una geneologia della salvezza centrata in Gesù
Entrando nel mondo, Gesù rinnova
lo splendore del creato, entrando nel tempo, porta la storia umana alla sua
pienezza, entrando a far parte dell’umanità, la natura comune di ogni essere
umano viene elevata ad altissima dignità. I Padri della Chiesa amano parlare di
deificazione dell’uomo. Dice per esempio S. Atanasio: “Egli
si è fatto uomo, affinché noi diventassimo Dio” (De incarnatione Verbi, 54)
Questo farsi uomo del Figlio di Dio è avvenuto nella più grande umiltà. Si è
inserito silenziosamente “in mezzo a noi”
senza attrarre attenzione. Ascoltiamo come Luca descrive le circostanze della
sua nascita. “In quei giorni un decreto
di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la
terra…Andavano tutti a farsi registrare, ciascuno nella sua città” (Lc
2,1ss). E’ così che Gesù nasce in un viaggio, nel contesto di una folla in
movimento. E’ così che quel “oggi” della salvezza, tanto sognato e atteso,
coincide con un censimento. Mentre gli abitanti della terra si mettono in
cammino per la propria città, il Signore del cielo discende, “viene tra i suoi” (Gv 1,11) e cammina
con loro. Mentre il re di questo mondo si vanta della propria grandezza e si compiace del suo gran numero di sudditi,
il re dell’universo si fa piccolo e debole, umile e sottomesso. Mentre sulla
terra si contano i figli degli uomini, il Figlio di Dio, incognito e silenzioso, s’infila in mezzo a loro,
diventando quasi un numero, un’unità
demografica senza peso.
Anche il racconto di Matteo che
inizia con la geneologia di Gesù (Mt. 1,1-17) ci dà la stessa immagine di Dio
nascosto tra gli uomini, tra una catena di nomi e volti. Il Figlio di Dio ha
voluto immergersi in una discendenza umana, che procede di padre in figlio, di
generazione in generazione, come qualsiasi essere umano. In Gesù Cristo, nato
dalla vergine Maria, il “Dio con l’uomo” è diventato il “Dio nell’uomo” e il
“Dio come uomo”. Il Figlio di Dio è diventato “in tutto simile a noi”, (Eb.
4,15), al punto che i suoi contemporanei credono di conoscere tutti i dati
anagrafici e di poter tracciare la sua carta d’identità. “Non è costui il carpentiere, il Figlio di Maria e il fratello di
Giacomo, di Joses, di Giuda e di Simeone? E le sue sorelle non stanno qui da
noi?” (Mc 6,3)
Lungo tutta la sua vita Gesù “ha
lavorato con mani d’uomo, ha pensato con mente d’uomo, ha agito con volontà
d’uomo, ha amato con cuore d’uomo. Nascendo da Maria vergine, Egli si è fatto
veramente come uno di noi, in tutto simile a noi fuorché nel peccato”. (Gaudium et Spes 22) Con l’incarnazione il nostro
essere umano è diventato lo spazio stesso della manifestazione del divino. In Gesù noi siamo resi veramente
immagini di Dio. Diventando uomo, “il
Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo” (Gaudium et Spes 22) e ha
elevato tutta l’umanità. Egli “è l’ultimo Adamo” (1 Cor 15,45) a cui tutta
l’umanità fa riferimento come al proprio centro e modello, alla realizzazione della massima
perfezione e potenzialità della propria umanità. Non ha detto Egli stesso che
avrebbe attirato “tutti a sé” (cf Gv
12,32)?
La
grandezza dell’Incarnazione del Figlio di Dio non si manifesta solo nel suo
essere umano come singolo individuo, ma anche nella sua relazione con gli
altri, con l’ambiente, con la società, con la tradizione, ecc… L’esistenza
umana si svolge infatti in un complesso rapporto di con, per, in, accanto, contro. Come nel
confronto del cosmo e della storia, Gesù ha un atteggiamento di partecipazione
serena e aperta a tutto ciò che è autenticamente umano. Egli stesso è cresciuto
“in sapienza, età e grazia davanti a Dio
e agli uomini” (Lc 2,52) nel contesto della ferialità della vita familiare
in un ambiente semplice, quello della piccola borgata di Nazaret. La sua persona e le sue parole lasciano
trasparire un calore umano, è pieno di buon senso, di sapienza, di realismo, di
amore alla vita. Egli parla con disinvoltura e senso pratico del lavoro del
contadino, del vignaiolo, del pescatore, del pastore, del mercante, del
costruttore di casa. Non gli sfuggono i piccoli lavori domestici assegnati alla
donna, come per esempio, lievitare la pasta e fare il pane, accendere la
lampada e metterla sul moggio, conservare il vino, rammendare i vestiti vecchi.
Egli conosce pure il dolore della donna in parto e comprende bene il suo stato
d’animo. Desta meraviglia il fatto che
abbia assunto l’immagine della donna partoriente per parlare del suo
mistero pasquale. (cf Gv 16,21-23)
Egli gode della gioia della
festa, accetta volentieri gli inviti al banchetto, visita gli amici, partecipa
alle nozze tiene fra le braccia i bambini e guarda con simpatia i giochi che
essi fanno tra di loro nelle piazze. Egli osserva con attenzione la gente che
prega nel tempio e non gli è nascosto il gesto umile e discreto di una donna
che getta le sue uniche monete nel tesoro. Egli condivide il dolore di chi è
nel lutto, comprende l’angoscia dei genitori che hanno figli malati, si
commuove per il pianto di una madre e per la morte di un amico, sente
compassione per la folla disorientata, coglie il senso di impotenza di chi si
rende conto d’essere incapace di prolungare la propria vita nemmeno di un
giorno, conosce la trepidazione di chi ha la responsabilità di custodire la
casa dai ladri imprevedibili.
Non gli sono estranee le
dinamiche complesse delle relazioni umane sia nella famiglia come nella
società. Egli stesso ha avuto una gamma di relazione con i suoi familiari e compaesani, con i
discepoli, con la folla, con amici, ammiratori e oppositori, con le autorità
civili e religiose, con giudei e greci (cf Gv 12), con persone ricche e povere,
colte e meno colte, ecc…Nelle sue parabole Egli parla con perspicacia dei
rapporti tra padre e figlio, tra fratelli nella famiglia, tra padroni e servi,
tra maestro e discepoli, tra re e sudditi, tra ricchi e poveri, potenti ed
oppressi, soprattutto Egli insiste sull’amore da estendere a tutti, persino ai
nemici.
Egli valorizza la tradizione e la
sapienza umana. Nei suoi insegnamenti, Gesù fa la sintesi di sapienza umana e
sapienza di Dio, coglie in unità la storia e la creazione, la vita quotidiana
degli uomini e l’agire continuo di Dio manifestato in essa. Detti come questi: “Dov’è il tuo tesoro, lì è il tuo cuore” (Mt.
6,21), “Non sappia la tua mano sinistra
ciò che fa la tua destra” (Mt 6,3) ecc… sono parole divine cariche di
umanità e allo stesso tempo sapienza umana trasformata in rivelazione divina.
Concludo riassumendo le tante parole dette in una:
la “grande gioia” annunciata dall’angelo
alla nascita di Gesù è una gioia per tutta l’umanità, una gioia che coinvolge
tutto il cosmo e che si estende in tutta la storia.